giovedì 24 maggio 2007

cittadinanza

Ho conosciuto un ragazzo figlio di un palestinese e una italiana, abitano a Birzeit, niente di strano, no? invece sì, sono palestinesi ma nessuno di loro ha una carta di identità palestinese perchè è solo dal 1999 che sono rientrati dopo esser stati in Giordania e Dubai. Di fatto adesso sono più di 7 anni che tutti loro viaggiano utilizzando il passaporto italiano o giordano, ogni tre mesi tornano in Giordania perchè devono rinnovare il visto israeliano, rimangono là qualche giorno, poi rientrano in territorio israeliano sperando di ottenere un visto di 3 mesi (a volte è di solo 1 mese), visto che è turistico, non è possibile ottenere alcun permesso di soggiorno o visto per motivi di lavoro in territorio palestinese. Di solito fanno in modo che almeno uno della famiglia sia a casa durante questi spostamenti perchè i ladri sono già andati un paio di volte a svaligiargli la casa.
Ogni volta viaggiano con l'ansia che il visto sia negato e che non si possa far ritorno a casa, o che a qualcuno il visto venga dato e ad altri no, inventando scuse rispetto alla propria attività lavorativa e luogo di residenza.
"Mio padre ha 74 anni, non potrebbe reggere se non gli fosse rinnovato il visto... come facciamo a vivere così? questa è la nostra casa, questa è la nostra terra ma non abbiamo alcun diritto di cittadinanza".

Cittadini di stati occidentali, con parenti, amici, casa e lavoro nei Territori occupati palestinesi, non possono rientrare in patria per il divieto delle autorità israeliane che controllano le frontiere esterne e interne.
Per la maggioranza si tratta di palestinesi nati qui ma che negli anni hanno "perso" la residenza. Dopo il 1967, le autorità di occupazione israeliane hanno decimato il numero dei residenti palestinesi. Israele è ricorso a una serie di stratagemmi per fare in modo che chi viveva, studiava o lavorava all'estero perdesse i suoi diritti.
Dopo la costituzione dell'Autorità Palestinese, nel 1994, la situazione era migliorata. Anche se queste persone continuavano a vedersi negato lo status di residenti, potevano vivere nei Territori come "turisti permanenti": ogni tre mesi dovevano lasciare il paese e rientrare muniti di un nuovo visto turistico.
Anche se molti sono convinti che il processo di Oslo abbia garantito ai palestinesi un'autorità sovrana, Israele ha conservato il controllo sul registro dell'anagrafe palestinese. Matrimoni, nascite, cambi di residenza, decessi: tutto deve essere registrato nella banca dati del ministero dell'interno israeliano.
È prerogativa di Israele autorizzare o respingere i cambi di residenza, soprattutto da Gaza alla Cisgiordania. E, in pratica, è sua prerogativa autorizzare o respingere i matrimoni dei palestinesi con i non residenti. Con lo scoppio della seconda intifada le restrizioni sono aumentate. Migliaia di persone sono state separate dalle loro famiglie. Molte altre sono rimaste nei Territori anche dopo la scadenza del visto e sono ormai prigioniere in casa.
Oggi, con Hamas al governo, sono colpiti anche gli occidentali, compresi professori universitari, medici, musicisti e uomini d'affari. A metà degli anni novanta molti di loro erano tornati nelle città d'origine sperando di contribuire alla nascita dello stato palestinese implicita negli accordi di Oslo.
Ho chiesto ad alcuni diplomatici stranieri cosa ne pensavano: "Non possiamo interferire con le decisioni sovrane di Israele". Questo significa che gli stati occidentali accettano il "diritto" d'Israele di privare le università palestinesi dei loro docenti, smantellare solide attività imprenditoriali e separare i padri dai figli.
(Amira Hass, Esilio forzato)

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