sabato 29 novembre 2008

la ricerca calpestata

Si sono "fatti calpestare", per denunciare il fatto che in Italia anche la ricerca è calpestata. I ricercatori di Bologna hanno messo in scena in piazza Maggiore la singolare protesta, documentata nelle immagini. Hanno tappezzato il Crescentone di Piazza Maggiore con 1.800 fotografie, invitando i passanti a camminarci sopra. Una manifestazione (durante la quale sono state ribadite le ragioni della protesta contro i tagli alla ricerca e all'Università), ma anche una festa. Ai lati della piazza i ricercatori hanno presentato una serie di esperimenti, cercando di spiegare in maniera semplice e divertente alcuni principi della fisica e della chimica, in particolare ai bambini. L'iniziativa è stata organizzata dai ricercatori, borsisti, dottorandi che hanno portato in piazza la ricerca italiana, cercando di spiegare cosa succede al chiuso dei laboratori. Gli organizzatori hanno denunciato la pesante situazione di questo mondo, ulteriormente aggravato dai tagli del decreto Gelmini.

fonte La Repubblica, la foto è presa da qui

e c'era anche la mia foto ... :-)

giovedì 27 novembre 2008

back again with Radiodervish


...insomma, a parte le due ore di fila solo per il tratto da Jerusalem a Ramallah, una piacevole sorpresa: i Radiodervish sono a Gerusalemme e hanno fatto una scappata a Ramallah al Pronto Café & Restaurant e hanno suonato un po'....

lunedì 24 novembre 2008

Gaza Christians without Sunday mass

And Israel bans Apostolic Delegate and Latin Patriarchate priests from entering Gaza to pray there

The Israeli authorities banned today (Sunday, November 23rd) morning the Papal Nuncio in Israel Archbishop Antonio Franco from entering Gaza and celebrating mass there, despite previous coordination with relevant parties at the Israeli Ministry of Foreign Affairs and senior Israeli Army command since last Tuesday. Papal Nuncio Archbishop Franco arrived this morning to Erez Crossing at about 8:15 AM, accompanied by Latin Patriarchate priests Fr. Shawqi Baterian and Fr. Humam Khzouz as well with the Nunciature secretary, but was banned to enter to Gaza. Contacts held with senior officials at the Israeli Ministry of Foreign Affairs and Chief Coordinator of Civil Administration`s Office, during which the mentioned delegation stayed for over than three hours at the Crossing, but the Israeli authorities insisted not to allow the delegation enter into Gaza, while allowing several Red Cross and United Nations teams in, as several Palestinians out of Gaza Strip. (...)

fonte Abouna (full article)

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sabato 22 novembre 2008

Obiettivi nascosti

Questi dettagli rendono l'umiliazione di una vita umana ridotta a un'esistenza quasi animale?

Internazionale 771, 20 novembre 2008

Ci sono due cose che Muna non fa quasi mai: uscire di casa presto e guidare la macchina. L'altro giorno le ha fatte entrambe. "Vado a prendere mia sorella", ha annunciato. Dopo venti minuti sono arrivate portando grandi buste di plastica.

Bucato. Sua sorella vive al terzo piano. Nell'ultima settimana l'erogazione di elettricità nel quartiere è stata molto debole, impedendo le forniture d'acqua ai piani superiori.

Raed, un operaio disoccupato con due bambini piccoli, mi ha detto che in casa mancava l'acqua da quattro giorni. Non ha dovuto aggiungere nulla, potevo immaginare: il gabinetto del bagno otturato, il cumulo di vestiti sporchi, le acrobazie per lavare i bambini. "E da una settimana non abbiamo neanche il gas per cucinare", ha proseguito. In queste condizioni, le interruzioni di corrente elettrica sono il problema minore.

Nel quartiere di Muna, invece, funzionano due linee elettriche: quella che fornisce l'elettricità comprata dall'azienda israeliana e quella che fornisce l'elettricità prodotta dalla centrale di Gaza (un'azienda privata, per un terzo statunitense, un terzo palestinese e un terzo pubblica).

La centrale di Gaza potrebbe produrre elettricità per metà della popolazione della Striscia, ma ora ne rifornisce solo un terzo. Un po' perché Israele limita le consegne di combustibile, un po' per le conseguenze del bombardamento dell'impianto due anni fa.

La centrale è ferma da una settimana perché non arriva una goccia di combustibile. L'azienda elettrica palestinese sta cercando di distribuire i disagi equamente: interrompe l'erogazione a turno nei vari distretti della Striscia. Ma il quartiere di Muna è un'eccezione, grazie alle due linee. Le interruzioni di corrente sono state più brevi e non hanno ancora inciso sulla pressione dell'acqua.

Le sorelle stavano mettendo il primo carico di panni sporchi in lavatrice quando è andata via la corrente. Non se la sono presa e sono andate nell'altra stanza a chiacchierare. L'unica cosa che potevano fare era aspettare: due ore, forse quattro, forse di più.

Aspettare: la stessa cosa che hanno fatto gli operai al lavoro su un enorme depuratore nel nord della Striscia. È l'unico cantiere autorizzato da Israele (perché lo considera un progetto umanitario, mentre i progetti di sviluppo sono vietati da quando Hamas ha vinto le elezioni).

Aspettare i pezzi di ricambio di elettrodomestici e automobili; aspettare elettricità, acqua e gas; aspettare che apra il varco di frontiera per portare fuori le fragole; aspettare che Israele autorizzi una spedizione umanitaria delle Nazioni Unite. Ormai i palestinesi non fanno altro.

Ora sono le sei di mattina del 19 novembre. L'elettricità è appena andata via, mentre facevo una pausa per il caffè. C'è un pensiero che continua ad assillarmi: tutti questi particolari riescono a descrivere l'umiliazione di una vita umana ridotta a un'esistenza quasi animale?

Quando torna la corrente, il notiziario radio israeliano annuncia seccamente: "Oggi i varchi di frontiera con Gaza resteranno chiusi per persone e merci. Il ministro della difesa Ehud Barak ha deciso che, a causa dei continui lanci di razzi, i varchi non saranno aperti. La scorsa notte tre razzi sono caduti in aperta campagna. Non ci sono state vittime". È la politica del castigo: "Ragazzacci, pagherete per il vostro comportamento".

John Ging, il responsabile delle operazioni umanitarie delle Nazioni Unite nella Striscia di Gaza, mi ha detto: "La persone civili agiscono rispettando il diritto internazionale. Un atto illegale non dovrebbe portare a un altro atto illegale. Consentire solo gli aiuti umanitari e non la costruzione di scuole, l'ingresso di materiale didattico per i bambini ciechi, l'esportazione di prodotti agricoli, è illegale, disumano e controproducente".

Ma è davvero controproducente? Se si considera la questione della sicurezza, la risposta è sicuramente sì. Questa umiliante pressione rende la maggior parte degli abitanti di Gaza dipendenti dagli aiuti, trasformandoli in persone che non hanno niente da perdere. E finisce per alimentare la violenza: nuovi razzi, nuove armi fatte passare attraverso i tunnel, nuove reclute per la lotta armata.

Credo di conoscere gli obiettivi nascosti di Israele. I politici israeliani sanno bene cosa stanno facendo: sanno che il ceto medio (di cui fanno parte i più accesi sostenitori della pace con Israele) si sta impoverendo, che l'industria sta morendo, che l'agricoltura sta perdendo colpi.

Sanno, dalle esperienze del passato, che il regime di Hamas può solo essere rafforzato da queste misure. E infatti è così: sempre più palestinesi dipendono dai suoi programmi di assistenza. L'assedio non permette di valutare serenamente i risultati del governo di Hamas.

Tutte le carenze sono attribuite al nemico. Il dibattito pubblico ne risente e i palestinesi di Al Fatah, al potere in Cisgiordania, sono considerati dei collaborazionisti.

Ecco i tre obiettivi d'Israele: tenere separate la Striscia di Gaza e la Cisgiordania; spingere la Striscia verso una tutela egiziana; alimentare la questione della "sicurezza". Israele non cerca altro.

fonte Amira Hass su Internazionale

mercoledì 12 novembre 2008

cacciati di casa

A GERUSALEMME EST UN’ALTRA FAMIGLIA PALESTINESE CACCIATA DALLA PROPRIA CASA, DEMOLITE CENTINAIA DI ABITAZIONI.

E' stata cacciata nel cuore della notte dalla polizia israeliana la famiglia Al-Kurd dalla sua casa a Sheikh Jarrah, Gerusalemme Est, lo scorso 9 novembre: madre, padre -parzialmente paralizzato e ammalato di cuore- e cinque figli, profughi del 1948 da Gerusalemme ovest, sono rimasti senza l'abitazione di loro proprietà dove vivevano dal 1956. Un gruppo di coloni estremisti rivendicano la proprietà di quella casa e di altre 26 abitazioni dello stesso quartiere in base ad un codice ottomano datato 1880, di dubbia autenticità contestata persino delle autorità statunitensi.

Solo la scorsa settimana con la delegazione del Parlamento Europeo nei Territori Occupati Palestinesi, composta da parlamentari dei diversi gruppi politici e della quale facevo parte, abbiamo visitato la famiglia Al-Kurd e la loro casa: siamo stati testimoni diretti dei soprusi e delle violenze che subiscono quotidianamente da parte dei coloni che vivono ormai nello stesso cortile. Ora sono rimasti senza casa.

Ma a Sheikh Jarrah almeno altre 500 persone affrontano la minaccia quotidiana dell'espulsione dalle loro case in base alle rivendicazioni di associazioni di ebrei estremisti che fanno proprie politiche di "Population Transfer" ovvero di trasferimento della popolazione palestinese.

La vicenda si inserisce nel più ampio quadro di una vera e propria politica da parte delle Autorità israeliane, una politica unilaterale che rischia di uccidere qualsiasi processo di pace giorno dopo giorno, demolizione dopo demolizione, colonia dopo colonia e specialmente a Gerusalemme. Qui, dopo diversi anni di amministrazioni destra e di religiosi ortodossi in cui le colonie illegali israeliane sono cresciute nella parte est della città, ieri è stato eletto a sindaco Nir Barkat che ha fatto della costruzione di nuovi insediamenti ebraici a Gerusalemme Est il tema principale della sua campagna elettorale .

Queste politiche devono immediatamente cessare e essere sanzionate dalla Comunità internazionale.

La confusione derivante dall'attuale passaggio di consegne tra l'amministrazione Bush e la futura e più promettente di Obama non può far passare sotto silenzio simili violazioni in Cisgiordania ma anche a Gaza dove a causa dell'assedio la situazione continua a precipitare: ieri si sono riaperti i valichi dopo sei giorni di chiusura, dopo il black out derivante dal blocco dei rifornimenti del carburante, dopo l'ennesimo allarme lanciato dall'UNRWA che denunciava l'impossibilità di distribuire gli aiuti per i 750.000 palestinesi dei campi profughi proprio in seguito alle chiusure. E si trema alla possibilità che vacilli la tenuta della tregua visto che oggi quattro Palestinesi sono rimasti uccisi dal fuoco degli aerei da guerra israeliani, tornati a volare e sparare sul cielo della Striscia.

Contro la demolizione da parte di bulldozer israeliani di molte case palestinesi a Gerusalemme Est, la presidenza dell'Unione Europea aveva già espresso lo scorso lunedì la sua profonda preoccupazione: è tempo che da Bruxelles si faccia tutto il possibile per impedire che misure arbitrarie e unilaterali da parte del Governo israeliano distruggano ogni chance per un processo di pace oggi più che mai urgente e inevitabile e si usi ogni strumento utile – inclusa la sospensione dell'Accordo di Associazione tra Ue e Israele- per far rispettare la legalità internazionale.

fonte Luisa Morgantini

giovedì 30 ottobre 2008

Difendiamo il diritto allo studio, alla formazione, alla conoscenza

Il Consiglio della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna nella seduta del 29/10/2008 ha approvato il seguente comunicato che sintetizza il dibattito svoltosi nella Facoltà sull’attuale situazione politica concernente il sistema dell’istruzione e della formazione in Italia. Il comunicato e altre mozioni più approfondite, disponibili sul banchetto informativo, sono state approvate all’unanimità con una sola astensione.
Il comunicato si articola in tre punti:
1. La Legge 133, il DM 137, tradotto in legge il 29/10/2008, la mozione della Lega sulle “classi ponte” fanno parte di un insieme di provvedimenti destinati a modificare in profondità il sistema scolastico e della formazione in Italia. Infatti, si tratta di provvedimenti che, sebbene presentati in una logica di razionalizzazione e di riduzione degli sprechi, di fatto tagliano drasticamente le risorse di tutto il sistema pubblico dell’istruzione nazionale modificandone radicalmente il modello educativo. Verranno limitate le opportunità di tutti i cittadini di poter usufruire di una scuola e di una Università pubbliche di valore, competitive nel contesto internazionale, capaci di garantire a tutti il pieno sviluppo delle proprie potenzialità superando le barriere legate alle differenze culturali, economiche, linguistiche, di genere.
La vera disinformazione deriva da chi sostiene di non aver toccato l’Università e di star costruendo un sistema formativo più efficiente in tutte le sue articolazioni laddove i provvedimenti già adottati mettono in ginocchio tutte le istituzioni scolastiche ed universitarie sottraendo risorse economiche ed umane ad un settore nevralgico per ogni società che in Italia è già fortemente sottofinanziato rispetto a quello degli altri paesi. È con sdegno che abbiamo assistito in queste settimane a messaggi giornalistici e televisivi non solo unilaterali ma anche grossolanamente bugiardi in quanto basati sulla voluta alterazione dei dati.
2. Per quanto riguarda l’Università, la legge 133 mette a rischio la tenuta stessa del sistema universitario. I tagli del 10% sul trasferimento statale alle Università a partire dal 2010 indeboliranno irrimediabilmente la ricerca e la formazione universitaria pubblica italiana, unica, in una società democratica, a poter garantire al Paese uno sviluppo socio-culturale ed economico all'altezza degli standard internazionali. Il turn over bloccato al 20% (una assunzione per ogni 5 professori che vanno in pensione) è un taglio indiscriminato con conseguente penalizzazione delle prospettive occupazionali per i giovani ricercatori precari. La possibilità di trasformazione delle Università statali in Fondazioni private, estranee al controllo del sistema pubblico nazionale di formazione e con forte orientamento alle logiche di mercato, porterebbe ad una istruzione superiore di nicchia, accessibile solo a quegli studenti che possono economicamente “permettersi” di accedere agli studi universitari.
3. Per quanto riguarda il sistema scolastico, l’insieme dei provvedimenti già adottati o in via di adozione, prefigura una realtà educativa totalmente in contraddizione con il ruolo che la costituzione assegna alla scuola. Una realtà in cui tornano a prevalere in modo unico e preponderante le logiche della selezione contro quelle della promozione culturale di tutti i cittadini. Una realtà in cui si riafferma un pensiero dominante, svalutante nei confronti di ogni differenza di cultura, ceto, religione, lingua. La scuola prevista dal governo penalizza le famiglie, prima di tutto le donne nella loro funzione di lavoratrici e rovescia sui cittadini, in particolare su quelli più deboli, la responsabilità dell’insuccesso, del disagio, trasformando la diversità in condanna e negandone la valorizzazione come risorsa. Mortifica la professionalità dell’insegnante interpretandolo solo come custode e ripetitore di cultura consolidata e impedendogli di essere costruttore di conoscenze assieme agli studenti.
La scuola prevista dal Governo prefigura una società in cui purtroppo ci sarà veramente più bisogno di carabinieri e carceri che non di insegnanti, bidelli e scuole.

per la documentazione prodotta, vedi qui


martedì 28 ottobre 2008

Gelmini? no, thanks!



foto della manifestazione a Bologna disponibili su http://flickr.com/photos/retescuole/page4/

lunedì 27 ottobre 2008

contro l'assedio a Gaza

I muri trionfano sui ponti… la conferenza sull’assedio è una vittima dell’assedio
Di colpo, il Gaza Community Mental Health Programme ha scoperto che la sua conferenza internazionale "Assedio e salute mentale… Muri contro ponti" è sotto assedio. La conferenza era stata fissata per il 27-28 ottobre nella Striscia di Gaza. Tuttavia, dopo un anno di pianificazione e preparazione, la conferenza accademica è stata sconvolta dalla decisione delle Autorità Israeliane di negare il permesso di ingresso ai partecipanti internazionali a sole due settimane dalla conferenza. Quale migliore ironia per evidenziare gli effetti dell’assedio? La conferenza è stata organizzata per contribuire, in quanto forum, alla discussione professionale e allo scambio scientifico concernente l’impatto dell’assedio di Gaza su bambini, famiglie, comunità e sugli sforzi per raggiungere la pace. L’obiettivo è di ospitare esperti, ricercatori e accademici da tutto il mondo per costruire ponti per il dialogo, conoscenza reciproca e pace. Sono attesi almeno 120 partecipanti dalle università di tutto il mondo. Venticinque di loro presenteranno documenti e ricerche originali. Gli argomenti principali che saranno trattati in modo professionale riguarderanno la salute mentale e temi legati ai diritti umani. Se Israele impone un rigido assedio sull’intera popolazione della Striscia di Gaza per "motivi di sicurezza", come dichiarato, noi ci stupiamo di come una simile conferenza possa costituire una minaccia per la sicurezza di Israele. Queste azioni rappresentano un grave colpo ai diritti della libertà accademica, alla libertà di parola, di educazione e al dialogo culturale. Consideriamo questa azione come la volontà di bloccare la comunicazione, distorcere la piattaforma per un reciproco riconoscimento, comprensione e ammissione della sofferenza degli altri.
Ancora una volta, e contrariamente a quanto dichiarato, Israele – come forza occupante- dimostra che di fatto sta controllando la Striscia di Gaza, impedendo alle persone di entrare e uscire. Nonostante tutte le difficoltà, siamo determinati a fare in modo che la conferenza abbia luogo. Abbiamo previsto che gli internazionali parteciperanno alla conferenza da Ramallah e saranno in collegamento video con Gaza e con i partecipanti locali che non hanno il permesso di uscire dalla Striscia da parte delle Autorità Israeliane. Noi diciamo che, se Israele può imporre l’assedio ai nostri corpi, non può però assediare le nostre menti né le nostre relazioni con il mondo esterno. Nonostante l’ingiusta decisione, siamo determinati a continuare con la conferenza così some previsto. Vogliamo poter raggiungere gli scopi della conferenza così come accrescere la conoscenza sulle catastrofiche conseguenze umanitarie dell’assedio sulla popolazione civile di Gaza.
Chiediamo alle Autorità Israeliane di rivedere la loro decisione e di permettere ai partecipanti alla conferenza di entrare a Gaza. Infine, chiediamo con urgenza a partecipanti, amici, gruppi di solidarietà, organizzazioni per i diritti umani e comunità per la salute mentale di protestare contro questa decisione, di denunciarla, e di divulgare le attuali politiche israeliane e le violazioni dei diritti umani.

Ogni iniziativa che sarete in grado di fare per il 27 Ottobre sarà estremamente importante: piccole azioni con cartelli che ribadiscono "No all’assedio di Gaza", "End the siege on Gaza", oppure messaggi di solidarietà e sostegno da inviare agli organizzatori della Campagna per mettere fine all’assedio di Gaza. (http://www.end-gaza-siege.ps/)

Traduzione a cura dell'Ufficio di Luisa Morgantini (Francesca Cutarelli e Barbara Antonell

i)

sabato 25 ottobre 2008

moving

Sweden's Assa Abloy AB, the world's largest lock maker, said Tuesday it would move a production plant from an Israeli settlement in the West Bank after being criticized by human rights groups.
The announcement followed a critical report by the Church of Sweden, aid group Diakonia and SwedWatch, a nonprofit group that monitors the conduct of Swedish businesses. The report said Assa Abloy disrespects international humanitarian law by conducting business in occupied territory.

fonte Associated Press

Il gruppo svedese Assa Abloy, leader mondiale dei sistemi di serratura, ha dichiarato lo scorso martedì di essere intenzionato a spostare l’impianto di produzione ora all’interno di un insediamento Israeliano, in Cisgiordania, a seguito delle critiche avanzate da gruppi in difesa dei diritti umani.
La dichiarazione ha seguito un rapporto critico realizzato dalla Chiesa Svedese, il gruppo Diakonia e SwedWatch, un’associazione no-profit che monitora la condotta delle industrie svedesi. Secondo il rapporto, Assa Abloy - gestendo affari su territorio occupato - non rispetta il diritto umanitario internazionale.

(trad. a cura dell'ufficio di Luisa Morgantini)

venerdì 17 ottobre 2008

Salwa e Sara: in carcere senza un perché

E’ la notte del 5 giugno 2008 nella città di Betlemme. L’Israeli Security Agency (Agenzia di Sicurezza Israeliana, ISA) entra nelle case delle famiglie Salah e Siureh. Salwa e Sara entrambe di 16 anni e mezzo vengono bendate, ammanettate e portate via su una jeep militare. Senza spiegazioni, senza un’accusa precisa. Le due ragazze sono portate prima nella prigione di Telmond e in seguito in quella di Ofer per essere interrogate. Qui una mappa dei centri di detenzione israeliani: un numero impressionante per un paese così piccolo. Le famiglie si muovono per cercare di capire che cosa è successo alle ragazze. Perché le hanno arrestate? Che cosa hanno fatto? In che guaio si sono cacciate? Nessuno risponde. Un aiuto arriva dall’ong palestinese Addameer che inizia a seguire il caso di Sara e Salwa. L’organizzazione supporta i prigionieri politici palestinesi attraverso consulenze legali, campagne in difesa dei diritti umani e contro le torture, ed è partner di Amnesty International, Human Rights Watch, OMCT (World Organization Against Torture) e FIDH (la Fédération internationale des ligues des droits de l’Homme).

fonte Alesandro Bernardini su Il Giornalettismo

sabato 11 ottobre 2008

Ramallah Underground live in Bologna (TPO)

Terra di Tutti Film Festival 08 @ TPO_Concerto 11 ottobre 2008 23.00
I Ramallah Underground sono un collettivo musicale di Ramallah, Palestina, fondato dagli artisti Boicutt, Stormtrap e Aswatt con lo scopo di innovare la cultura araba attraverso la musica. Gli artisti spaziano dall’elettronica araba, hip-hop, trip hop fino al downtempo con il senso profondo di appartenenza alla loro cultura locale e con la presenza significativa della Palestina nella loro vita. Il risultato è una nuova sonorità unica, mai sentita prima.
I R.U. hanno collaborato con numerosi artisti in tutto il mondo, dal Libano, all’Italia, alla Svizzera, alla Gran Bretagna, alla Francia e agli Stati Uniti. Hanno realizzato spettacoli live a Ramallah, Betlemme, Vienna, Londra, Il Cairo, Losanna, Bruxelles, Amsterdam e Washington. Incorporato nelle loro performance anche istallazioni visive grazie alla collaborazione con l’artista palestinese Ruanne, regista di “Double exposure”, di cui hanno scritto la colonna sonora.

mercoledì 8 ottobre 2008

tagli

(...) la cooperazione allo sviluppo subirà un taglio di 411 milioni di euro, oltre il 56 per cento in meno rispetto alle disponibilità del 2008, e potrà dunque fare affidamento solo su 321 milioni di euro. Si tratta del minimo finanziario dal 2000 e corrisponde alla metà delle risorse investite nel 2001. (...)
"il vero volto dei tagli è quello dei milioni di persone che ne subiranno le drammatiche conseguenze e le migliaia di piccole e grandi attività che si devono e possono fare nei paesi destinatari".

Fonte: da APCOM Finanziaria/ Tagli a cooperazione,allarme Cini: risorse crollate

martedì 7 ottobre 2008

211: Anna

Esattamente due anni fa, il 7 ottobre 2006, la giornalista russa Anna Politkovskaya fu assassinata nell’ascensore del suo palazzo, a Mosca.
Fare il giornalista, e farlo bene, è diventato uno dei mestieri più pericolosi nella Russia di Putin, e Anna era una delle più scomode.
211: Anna ripercorre tutta la carriera di Anna Politkovskaya, dagli inizi accanto al marito, giornalista e conduttore di uno dei primi programmi “liberi” dell’era Gorbaciov agli articoli sulla Novaja Gazeta. Il documentario contiene immagini inedite e rare della giovinezza di Anna e propone sue testimonianze filmate nei mesi precedenti il suo omicidio.
Negli ultimi tempi stava conducendo un’inchiesta sulle torture e sulle violazioni dei diritti umani in Cecenia e ripeteva spesso “E’ un miracolo se sono ancora viva”.
211: Anna non è solo la storia di una vita appassionante ma è anche la chiave per conoscere uno dei grandi misteri contemporanei: la Russia dell’era Putin.
Un numero e un nome danno il titolo al documentario.
211 sono stati i giornalisti assassinati dalla caduta dell’impero sovietico.
E la duecentundicesima vittima è proprio Anna Politkovskaya.
Un numero e un nome, ma anche una donna straordinaria, 211: Anna.

dal sito Doc 3 della Rai

211: Anna è un film di Paolo Serbandini e Giovanna Massimetti, andrà in onda stasera, martedì 7 ottobre 2008, alle 23.45 su Rai 3.

giovedì 2 ottobre 2008

casa

e sono ritornata!
:-)

mercoledì 1 ottobre 2008

Wadi Qult

un sentiero impervio tra i sassi.
perdere il proprio sguardo tra le montagne di roccia e il deserto per poi trovare l'oasi con acqua, piante e fiori.
Una meraviglia.

lunedì 29 settembre 2008

Eid


... e tutti in strada a festeggiare ...
happy Eid a tutti!

domenica 28 settembre 2008

Matabb

MATABB (Arabic for ‘Speed Bump’) is an all-new Palestinian TV-serial. The title of the series is derived from the notorious and randomly built speed bumps on Palestinian streets. The title metaphorically refers to the ups and downs in the life of its protagonists. The setting is one of the abundant non-government organizations (NGO) in Ramallah which are mainly funded from abroad. (...)
Fonte Matabb

I matabb sono quei simpatici rallentatori (correttamenti dossi artificiali) alti dai 20 ai 70 cm piazzati (senza alcuna segnalazione) in qualunque strada palestinese, dove di norma, se ti va bene e li vedi inchiodi la macchina per evitare di toccare con la macchina, di distruggere le sospensioni e grattare la marmitta ... se invece non li vedi...
questa soap opera, invece, prodotta dal Goethe Institut con il support dell'Unione Europea, ha avuto non pochi problemi prima della messa in onda per via di un certo approccio considerato "troppo morbido" nei confronti della occupazione israeliana... ma alla fine è andata in onda.
Ed è visibile sul sito del Goethe Institut.

giovedì 25 settembre 2008

Ramadan under siege in Gaza

I've no idea what I am supposed to do in this month,” said 27-year-old Ahmed Mousa, father of two and manager in the near stagnant Palestinian sales sector. “It is supposed to be a month of joy, prayer, and visiting family members, but nothing my family needs can be found in the market, or if it is I can’t afford it anyways. I can neither afford the goods there are nor go home empty handed.

fonte Maan News Agency

mercoledì 24 settembre 2008

Iftar time


...time to hurry up in Manara square ... run run run ...